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Sequenza degli articoli:

  • 1) SFATARE I FALSI MITI (1) CON LA ME-MMT.
  • 2) SFATARE I FALSI MITI (2) CON LA ME-MMT.
  • 3) SFATARE I FALSI MITI (3): L’ITALIA DELLA LIRETTA.
  • 4) CAPIRE L’EURO IN UNA IMMAGINE CHE VALE PIÙ DI UN MILIONE DI DISCORSI;
  • 5) PARTITE CORRENTI IN DEFICIT: GLI ESEMPI DI USA, GRAN BRETAGNA E AUSTRALIA.

 

 

1) SFATARE I FALSI MITI CON LA ME-MMT.

Tratto da:  PROGRAMMA ME-MMT DI SALVEZZA ECONOMICA PER L’ITALIA.

I PILASTRI DELLA MACROECONOMIA DELLO STATO SOVRANO:

A. Come spende uno Stato. Il governo di uno Stato con moneta sovrana (che è non convertibile in oro o in altre valute a un tasso fisso, ed è scambiata a tasso variabile) prima spende la propria moneta e solo dopo la ritira tassando o prendendola in prestito. Impossibile che siano le tasse o i prestiti dei privati a finanziare lo Stato, perché lo Stato ha l’esclusiva nell’emissione di moneta, ne ha il monopolio. Si pensi ad esempio: chi emette in esclusiva i biglietti per uno spettacolo, deve prima distribuirli e solo poi li può ritirare. Impossibile il contrario. Ne consegue che lo Stato sovrano non necessita affatto di tasse e prestiti al fine di spendere per la Funzione Pubblica. Colui che ha il monopolio nell’emissione di qualcosa, non deve prenderla in prestito da altri.
Non si deve infatti confondere la condizione dello Stato che emette la propria moneta sovrana con quella dello Stato che usa una moneta altrui, come è oggi l’Italia nell’Eurozona.
È solo nel secondo caso che lo Stato è costretto a spendere tassando prima i cittadini o facendosi prestare i
fondi. Lo Stato a moneta sovrana ha come unici limiti di spesa l’ideologia economica vigente, non fattori obiettivi. Infatti è corretto dire che, poiché questo tipo di Stato ha l’esclusiva nell’emissione di moneta dal nulla, per esso la spesa e gli introiti sono solamente abitudini contabili, non ricchezza vera che entra o esce. Quindi preoccuparsi del fatto che lo Stato a moneta sovrana possa esaurirla, cioè fallire, è come pensare che un professore di matematica possa esaurire i numeri. Ne consegue infine che questo Stato non avrà mai problemi di solvibilità del proprio debito, sia che esso appartenga a creditori italiani che esteri.

B. La Piena Occupazione di Stato non costa troppo. Il governo di uno Stato con moneta sovrana può e deve finanziare senza limiti la Piena Occupazione, poiché essa rappresenta la ricchezza indistruttibile dell’economia nazionale. Non è mai vero che questa spesa pubblica penalizzi i conti dello Stato, né che crei inflazione. Al contrario, essa invariabilmente li migliora e li risana in termini di ricchezza reale creata per il Paese, poiché la Piena Occupazione è il massimo motore economico esistente.

C. Il default. È impossibile che uno Stato con moneta sovrana possa essere costretto al default. Questo perché essendo egli il detentore della propria moneta, ha capacità illimitata di onorare il suo debito puntuale e sempre. I mercati non possono mai in questo caso aggredire l’economia dello Stato.

D. Il debito ‘pubblico’ non è il debito dei cittadini. Lo Stato non è una famiglia. Il governo di uno Stato con moneta sovrana spende accreditando conti correnti, o emettendo titoli che costituiscono, fra le altre funzioni, il risparmio degli acquirenti. Quindi, non dovendo lo Stato prendere in prestito dai privati prima di spendere, è chiaro che il debito (la spesa) dello Stato con moneta sovrana è precisamente l’attivo dei cittadini (settore non-governativo).
Non è mai il debito di cittadini, delle aziende o dei nostri figli/nipoti. La regola secondo cui un buono Stato deve spendere come una brava famiglia è falsa e dannosa. Questo Stato si indebita solo con se stesso, il suo debito è solo una figura contabile denominata nel denaro che esso crea dal nulla. La famiglia, al contrario, non può inventare il suo denaro, e ha ben altri limiti di spesa.

E. La spesa a deficit dello Stato è il nostro risparmio. Ne risulta che se lo Stato spende per noi più di quanto ci tassa (deficit), esso ci lascia beni finanziari che sono esattamente il nostro attivo e il nostro risparmio al netto. Se lo Stato spende per noi tanto quanto ci tassa (pareggio di bilancio), esso ci lascerà nulla, e questo ci impoverisce impedendoci proprio il risparmio. Non si dimentichi che nessuno nel settore non-governativo di cittadini e aziende può creare il denaro dello Stato e con esso arricchirci al netto (le banche creano prestiti ma anche debiti). Se lo Stato poi spende per noi meno di quanto ci tassi (surplus di bilancio) il nostro impoverimento sarà ancora più estremo.

F. Le tasse. Contrariamente a quando si crede, uno Stato con moneta sovrana non usa le tasse per finanziarsi (punto A.). Le tasse servono in primo luogo per imporre al settore non-governativo la valuta dello Stato, che altrimenti sarebbe senza valore. Se infatti il settore non-governativo non fosse costretto a pagare le tasse in quella moneta, esso potrebbe rifiutarla o non accettarla in pagamento per i beni e i servizi che vende allo Stato. In secondo luogo le tasse servono allo Stato come regolatrici dell’economia. Si alzano per calmare un’economia che corre troppo, si abbassano per dare alimento a un’economia stagnante. Soprattutto, esse devono essere sempre a un livello che garantisca la Piena Occupazione.

G. Il Deficit Positivo è un dovere dello Stato. Poiché lo Stato con moneta sovrana ha il potere di imporci di lavorare per guadagnare la sua moneta al fine di pagare le sue tasse, ne consegue che è dovere imprescindibile di questo Stato far sì che vi sia lavoro sufficiente affinché tutti i cittadini possano pagare le loro tasse, vivere dignitosamente, e anche risparmiare. Ergo: la spesa dello Stato deve essere sufficientemente a deficit per garantirci quanto sopra (Deficit Positivo). Lo Stato che, al contrario, ci impone di lavorare per pagargli le tasse nella sua moneta ma non ce ne fornisce a sufficienza per appunto pagare le tasse e per vivere decorosamente, è tiranno, poiché ci costringe a lavorare interamente per lui senza altra possibilità di crescita.

H. Le esportazioni sono un costo, le importazioni sono vera ricchezza per il Paese. Il principio fondante di un’economia funzionale al bene del 99% dei cittadini è il seguente: la vera ricchezza sono i beni e i servizi prodotti internamente, più quelli che il resto del mondo ci invia. Questo principio è supportato non solo dall’evidenza logica, ma anche dall’analisi veritiera delle economie dei Paesi che si sono gettati sull’export, in primo luogo Cina, Giappone e Germania. Contrariamente a quanto di solito detto dai media genericisti, questi Paesi soffrono disfunzioni interne gravi, come il crollo dei consumi, cali significativi dei redditi reali, aumenti esasperanti dei ritmi lavorativi. Gli Stati Uniti, al contrario, sono e rimangono la prima potenza economica del mondo, e non per nulla dedicano alle esportazioni una quota minore dell’economia, che è all’89% domestica e basata sulle importazioni. Si deve comprendere che la corsa all’export implica la dedizione al lavoro di masse di lavoratori e di mezzi per produrre beni e servizi che saranno goduti da altri fuori dall’Italia, e non da noi. In cambio ne riceviamo beni finanziari, che non solo sono assai precari, ma che finiscono sempre nel basket dei profitti delle corporation e sono solo in minima parte re-distribuiti ai cittadini. Inoltre, la corsa all’export nell’economia globalizzata impone tagli al costo del lavoro sempre più esasperati, con conseguente calo dello standard di vita dei lavoratori italiani.
Non solo: la corsa all’export impone al governo di scoraggiare i consumi domestici il più possibile, per favorire l’esportazione dei beni prodotti dai lavoratori di casa. Anche questo danneggia l’economia.
Il principio fondante di cui sopra si può formulare anche nel seguente modo: un governo sovrano che mantenga sempre le Piena Occupazione interna deve permettere solo le esportazioni necessarie ad acquisire importazioni. La Piena Occupazione garantisce sempre un’economia domestica stabile, e le importazioni aggiungono ricchezza reale (real terms of trade). Le esportazioni sottraggono economia reale.

I. Il settore bancario e finanziario. Uno Stato pienamente sovrano deve regolamentare il settore bancario nell’ esclusivo Interesse Pubblico. Primo: eliminare interamente il settore finanziario che è parassita. Secondo: si eliminino tutte le funzioni bancarie che esulano dal pubblico interesse. Terzo: si elimini l’emissione di titoli del Tesoro, che con i moderni sistemi monetari sovrani sono del tutto anacronistici e che costano allo Stato cifre immense in interessi e parcelle di intermediari finanziari.

J. Uscire dall’Eurozona non basta. Ma si badi bene: se, come ci auguriamo, l’Italia tornerà alla sua sovranità monetaria abbandonando l’Eurozona, ma poi non applicherà il principio della Spesa a Deficit Positivo per la Piena Occupazione e per il rilancio di tutto il settore di cittadini e aziende, poco o nulla migliorerà, come infatti accade a Stati come gli USA o la GB che pur avendo sovranità monetaria non applicano la Spesa a Deficit Positivo.

Fonte:  LINK ARTICOLO ORIGINALE memmt.info/site/pilastri-della-macroeconomia-dello-stato-sovrano-sfatare-i-falsi-miti-con-la-me-mmt/.

 

 

2) SFATARE I FALSI MITI CON LA MEMMT (2).

di Dario De Angelis – SCRITTO DA REDAZIONE IL 30 GIUGNO 2013.

Loro lo sanno. Torni a casa sfinito/a dopo 8 10 ore di lavoro, grazie a Dio che c’è ancora quel lavoro, preparare la pappa ai bimbi, chiamare l’idraulico che la lavatrice è rotta, ma prima devi passare da tua madre che ha difficoltà a deambulare, e cosi via, sempre, una corsa. Ti fermi intorno alle 22, sfinita, svuotata, il tempo di uno sguardo con chi condividi la vita e si ricomincia. Loro lo sanno che non ce la puoi fare e ti imboccano con menzogne. Tu purtroppo ci credi. Questo articolo è dedicato a te, perché ci hanno soggiogato con la malafede. È necessario difendersi dai falsi miti che ci propugnano. La MEMMT, oggi, è legittima difesa.

1 – Il problema sarebbe il debito pubblico (…secondo loro):

1A –  Il problema è come denomini il debito pubblico e l’ammontare di debito privato. Ci dicono che il disastro dell’Euro-zona sia causato dal debito pubblico. Chiedo: perché Spagna o Irlanda con debiti pubblici “virtuosi” (per Bruxelles) sono andate completamente in tilt? Il debito pubblico in sé non c’entra nulla. Un’analisi seria prende come riferimento il debito privato.

2 – Dobbiamo fare le riforme per recuperare competitività – Ogni giorno ci dicono che non siamo competitivi:

Dobbiamo fare le riforme per recuperare competitività – Ogni giorno ci dicono che non siamo competitivi:

2A – In verità l’Italia è competitiva già adesso – L’European Round Table of Industrialists (ERT) è una lobby che racchiude presidenti e amministratori delegati delle 50 multinazionali europee più importanti. Focalizzano la loro attenzione sulla competitività, per capire dove è meglio per loro delocalizzare.

ULC sta per costo unitario del lavoro ed è dato dal rapporto tra il costo medio del lavoro orario e la produzione oraria.

PAOLO BARNARD: “La competitività di un lavoratore viene misurata dai falchi del Vero Potere in termini di Unit Labour Cost. Questo metro di misura tiene conto di due fattori: il costo del lavoro all’ora in relazione alla produttività di quel lavoratore in quell’ora. Cioè: quanto mi costi per un’ora di lavoro e quanto mi produci in quell’ora. Il rapporto fra i due è espresso con un numero che va da 0,50 (lavoratore super competitivo) a 0,80 (lavoratore non competitivo). Ok?

Dove sta l’Italia?

  • L’Italia sta a 0,69.

E dove stanno quelli ‘bravi’?

  • La Gran Bretagna a 0,72.
  • Il Belgio a 0,71.
  • La Francia a 0,69.
  • L’Austria a 0,70.
  • La Danimarca a 0,73.
  • La Svezia a 0,69.
  • Gli USA a 0,69.
  • L’Olanda a 0,69.
  • La Germania a 0,65.”

FONTE: Attitudes to Work. Summary Report. European Roundtable of Industrialists, Ott. 2012]

La Germania, super-competitiva, ha 0,65, noi 0,69. Non esiste criticità alcuna per giustificare riforme lacrime e sangue.
Il Giappone, il Paese con il più alto rapporto debito pubblico/PIL del mondo, ha l’ULC pari a 0,56!
Forse perché debito pubblico significa anche infrastrutture ultra moderne che influiscono positivamente sulla produttività facendo diminuire il rapporto stesso.

3 – “Abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi“:

3A – Stiamo vivendo molto al di sotto delle nostre possibilità – Il grafico a sinistra mostra che la disoccupazione nell’euro-zona è sopra al 24%, quello di destra i tassi di disoccupazione giovanile nazionali. Ora andiamo insieme da un 50enne metalmeccanico  cassaintegrato e gli diciamo che ha vissuto al di sopra dei suoi mezzi, lui e la sua famiglia. Stessa cosa facciamo con un neo-laureato in biologia senza lavoro.

4 – I problemi dell’Italia sono il frutto dei costi della politica:

4A -I costi della politica sono insignificanti, ma nulla toglie che la spesa pubblica deve essere virtuosa. Dire che il problema dell’Italia sono le auto blu o le province è un affronto all’intelligenza umana. L’Italia ha ratificato il Fiscal Compact che prevede la riduzione del debito pubblico di circa  €45 miliardi all’anno. Un disastro che avviene nel silenzio totale dei tradizionali canali d’informazione.

5 – “Dobbiamo fare come la Germania” (sic!):

5A – Non dobbiamo assolutamente seguire l’esempio tedesco perché la Germania ha aumentato la sua competitività riducendo i salari.  Anche questo ha reso “l’euro tedesco” più economico di quello francese o italiano. Non potendo svalutare la moneta, la Germania è artefice di una spinta al ribasso dei redditi e questo causa la deflazione in corso. Per maggiori dettagli, qui il paper di Brenke.

6 – “Gli italiani non hanno voglia di lavorare, sono sfaticati, al pari degli altri Paesi del sud-Europa”:

6A – Il popolo italiano è fatto di gente volitiva.  Molti italiani hanno doti imprenditoriali eccelse e gli operai altamente qualificati sono sparsi su tutto il territorio nazionale. Da notare il dato della Grecia, il popolo meno sfaticato d’Europa perché quando sei con l’acqua alla gola accetti tutto, sei disposto a tutto, sei facilmente ricattabile. Quello che vogliono. Chi disse: “l’europeo deve abituarsi a condizioni di lavoro alla cinese”?

7 – “La spesa pubblica italiana è eccessiva rispetto agli altri Paesi europei”:

7A -L’Italia ha una spesa pubblica inferiore a quella di altri Paesi e totalmente in linea con la media europea.  Quando vi dicono il contrario chiedete dati che dimostrino le loro affermazioni. La nostra fonte è l’OECD e la Ragioneria Generale dello Stato italiano

8  – Ci dicono che dobbiamo fare le liberalizzazioni e le privatizzazioni:

8A – La verità è che le privatizzazioni creano un oligopolio privato al posto di un monopolio pubblico.  I  prezzi sono destinati ad aumentare poiché il privato persegue un lucro. Per lo stesso motivo gli occupati di questi settori diminuiscono.  I dati provano la  malafede di chi sostiene che occorre privatizzare per rendere il Paese più competitivo e la nostra ingenuità.

9 – “L’Italia non cresce a causa della corruzione”:

9A -Se la corruzione fosse in grado di influenzare significativamente la performance economica di un Paese, quelle registrate da Messico, Brasile, India o Cina sarebbero inspiegabili.

Armati con la cultura. Ogni giorno ci riempiono la testa di balle, reagisci.  La MEMMT  è legittima difesa.

Fonte:  LINK ARTICOLO ORIGINALE memmt.info/site/sfatare-i-falsi-miti-con-la-memmt/.

 

 

3) L’ITALIA DELLA “LIRETTA”: SFATARE IL MITO.

di Valerio Spositi – SCRITTO DA REDAZIONE ME-MMT IL 6 NOVEMBRE 2012

Da quando l’ipotesi dell’uscita dall’Eurozona dell’Italia ha trovato (poco) spazio anche nei talk show, nei telegiornali e nei quotidiani (anche se non tutti) è sempre più frequente imbattersi in commenti del tipo: “Torneremo all’Italia della Liretta. Che fine faremo? Lo Zimbabwe? Saremo un paese da Terzo Mondo!”.

A fronte di tali affermazioni, vedremo come quest’ultime sono prive di fondamento grazie all’ausilio di grafici ed analisi economiche e statistiche della Banca d’Italia, ISTAT, OCSE ed istituti finanziari internazionali come Thomson Reuters.

Come chiunque sa, oggi siamo in recessione (ovvero con un PIL negativo) con prospettive di peggioramento per il 2013.
Andiamo a vedere allora com’era la produzione industriale italiana prima dell’entrata nella moneta unica, confrontandola con quella relativa agli altri paesi principali dell’Eurozona, e com’è oggi.

Il grafico che vedete qui sopra è stato riportato dalla Banca d’Italia nella Relazione Annuale del 2011 nel capitolo “Andamenti macroeconomici, politiche di bilancio e politica monetaria nell’area dell’Euro”.
Come potete benissimo notare, nel 2001 l’Italia era la “prima della classe”. Il paese più produttivo.
Oggi, nell’Eurozona, l’Italia, come potete notare nella parte del grafico relativa all’anno 2012, è sprofondata al penultimo posto, prima della Spagna. La produzione industriale italiana è stata distrutta.
Ma date un’occhiata a chi, mentre nel 2001 era l’ultima della classe, ora, nell’Eurozona, è invece la prima: la Germania.

Spostiamoci ora sulla competitività dei principali paesi europei prima dell’entrata nell’Eurozona e dopo.

Anche il presente grafico è stato presentato dalla Banca d’Italia nella Relazione Annuale del 2011 nel capitolo “Andamenti macroeconomici, politiche di bilancio e politica monetaria nell’area dell’Euro”.
Potete benissimo notare come, prima del 2002, l’Italia e la Germania stavano più o meno alla pari in termini di competitività sui mercati. Erano le migliori d’Europa, mentre nel 2011, dato che un aumento dell’indicatore indica una perdita di competitività, la Germania dell’Euro (ed in misura minore anche la Francia) ci ha sorpassato di gran lunga.
Relativamente alla Germania è bene ricordare, però, come essa abbia completamente schiacciato il costo per unità di lavoro già dalla fine degli anni ’90 per prepararsi all’entrata nell’UEM. Nelle parole di Jan Kregel del 1998:

“La Germania sembra aver adottato una politica di controllo della crescita dei salari nominali a un tasso che è inferiore alla crescita della sua produttività interna. I costi unitari del lavoro tedeschi sono in calo… Se la Germania infatti continua a cercare, come sembra abbia fatto per circa due anni, di abbassare i suoi costi unitari del lavoro al 5 per cento – cioè a prezzi che sono sostanzialmente inferiori a quelli degli altri Paesi europei, senza più la possibilità, come è avvenuto in passato, di rivalutare il marco rispetto alle altre valute – questo significa che, se io sono un costruttore o un governo di un Paese europeo non tedesco, sperimenterò margini di profitto in calo finché anch’io non riuscirò a comprimere i miei costi unitari del lavoro. Pertanto, se vi è il rischio associato con l’introduzione dell’UEM di una moneta unica nelle condizioni in cui la Germania sta praticando una politica basata sulla convinzione che in termini assoluti i costi salariali sono troppo elevati rispetto all’Asia e agli Stati Uniti – non internamente, relativamente all’Europa – ci saranno pressioni deflazionistiche molto forti sulle retribuzioni degli altri paesi europei, che produrranno un rischio che è, direi, ora approssimativamente in equilibrio tra inflazione zero e deflazione“

E’ esattamente ciò che è accaduto e che sta accadendo.

E per quanto riguarda il commercio estero? Chi era il paese dominante?
Per rispondere a questa domanda è sufficiente mostrarvi questi grafici, mostrati dagli economisti MMT Stephanie Kelton, Marshall Auerback, William Black, Michael Hudson e dai uno dei padri della Teoria del Circuito Monetario, Alain Parguez, al Summit di Modern Money Theory di Rimini tenutosi dal 24 al 26 Febbraio 2012.

Questo grafico mostra le partite correnti (export-import) dei principali paesi dell’Eurozona prima che adottassero l’Euro, nel 1997.

L’Italia godeva di un surplus commerciale, mentre la Germania era in deficit.
Guardate ora cosa è accaduto con l’introduzione dell’Euro.

Chi ci ha guadagnato?

Come riportava anche Il Sole 24 Ore il 6 Giugno 2012:

” […] E qui arriva il primo dato che dà la dimensione di quanto la Germania fino ad oggi stia tecnicamente beneficiando, in termini finanziari ed economici, da questa crisi. Nei giorni scorsi il Bund tedesco a 10 anni prezzava un rendimento dell’1,345% annuo, mai così basso nella storia. Se si depura questo tasso per l’inflazione (che viaggia oltre il 2%) si ottiene un rendimento reale negativo. Dato che, letto al contrario, equivale a una sorta di ristrutturazione gratuita del debito pubblico tedesco. Niente male, come vantaggio in tempi di crisi. Anche perché questo avviene mentre i vicini, quelli più a Sud, annaspano, costretti a pagare rendimenti reali da record sul debito. E qui arriva il secondo vantaggio della Germania da questa crisi, questa volta più economico che finanziario. Negli ultimi mesi è infatti aumentato lo shopping della Germania di imprese italiane ed europee a prezzi scontati. Ma non finisce qui. La Germania, quello stesso Paese che nel 1997 pagava sui Bund a 10 anni un tasso del 5,5%, non lontano dal 6,1% dei BTp di quel tempo, funziona alla grande con l’euro. Lo dimostrano i dati sulla bilancia dei pagamenti correnti (che registra tutte le transazioni economiche di un Paese tra residenti e non residenti e quindi anche il saldo import-export). Dal 1989 al 2000 (quindi in piena fase pre-euro) la bilancia dei pagamenti correnti della Germania era in rosso per 126 miliardi. Dal 2001 al 2012 (qundi in piena fase euro, comprendendo anche l’attuale fase di crisi dei Paesi periferici) è balzata in positivo a quota 1.791 miliardi (dati Bloomberg rilanciati dalla trasmissione televisiva “Mercati, che fare” di Banca Mediolanum). E l’Italia? Prima dell’introduzione dell’euro aveva una bilancia dei pagamenti correnti positiva (53 miliardi)  contro -388 accusati nel periodo successivo […]“

Altre esternazioni (prive di fondamenta) che è facile sentire sono quelle relative al debito pubblico, agli eccessivi deficit di bilancio, all’inflazione degna di Weimar e quant’altro.
Andiamo ora a vedere, secondo l’ordine pocanzi scritto, il problema del debito pubblico e dei deficit di bilancio.
Ho già scritto più volte come un paese con piena sovranità monetaria ed una fiat money non possa mai fallire, neanche a fronte di debiti pubblici giganteschi.
Ciò è stato oggetto di numerosi studi accademici e soprattutto da parte dell’economista Charles Goodhart, professore alla London School of Economics che ha lavorato anche nel Bank of England Monetary Policy Committee dal 1997 al 2000.
Anche l’ex governatore della FED Alan Greenspan è dello stesso avviso:

“Gli Stati Uniti possono pagare ogni debito che hanno perchè possiamo sempre emettere moneta per farlo, quindi c’è una probabilità pari a zero di fare default.”

Per quanto concerne i deficit di bilancio, ne ho già parlato in un mio articolopubblicato tempo fa ma andiamo ad analizzarli più nel dettaglio con l’ausilio del seguente grafico.

Il presente grafico mostra i Bilanci Settoriali dell’Italia in percentuale al PIL.
Come potete notare, ad un deficit di bilancio governativo (Public sector financial balance) corrisponde (specularmente) un surplus di bilancio privato (Private sector financial balance).
Ciò sta a significare che un deficit di bilancio del governo (G > T, Spesa pubblica > Tassazione) comporta un aumento della ricchezza finanziaria netta per il settore privato (famiglie, aziende, banche).
Più il governo è in deficit più la ricchezza finanziaria netta di famiglie e aziende aumenta.

Qui di seguito possiamo vedere una ulteriore analisi dei Bilanci Settoriali ma questa volta relativa agli Stati Uniti d’America, utilizzata dalla Prof.ssa Stephanie Kelton in un suo articolo:

Stessa situazione come per l’Italia. Ad un deficit governativo corrisponde un surplus privato. Di seguito un ulteriore grafico dei Bilanci Settoriali dal 1952 al 2011 degli USA.

Ma noi siamo nell’Eurozona, dove non possiamo più emettere la nostra moneta per finanziare la spesa pubblica ma dobbiamo prendere in prestito dai mercati dei capitali privati internazionali (banche commerciali, fondi d’investimento, fondi pensione, hedge funds, ecc…) ogni singolo Euro ai tassi d’interesse decisi dai mercati dei capitali medesimi.
Questa è la principale e drammatica causa della crisi dell’Eurozona.
Per entrarvi più nel dettaglio possiamo leggere cosa scrisse un altro economista della Modern Money Theory nel 1998, ben 4 anni prima che l’Euro diventasse la moneta unica, Mathew Forstater:

“[…] le forze di mercato possono richiedere una politica fiscale pro-ciclica durante una recessione, aggravando gli effetti recessivi… Anche se non ci fossero limiti imposti sul deficit dei Paesi e dei debiti nazionali, la struttura della UEM rende quasi impossibile per un Paese adottare una politica anticiclica di bilancio anche se ci fosse la volontà politica. Questo perché, cedendo la loro sovranità monetaria nazionale, i Paesi non sono più in grado di condurre una politica fiscale e monetaria coordinata, essenziale per una risposta completa ed efficace alle crisi periodiche della domanda […]“

Per concludere, passiamo a vedere i dati relativi all’inflazione connessa al risparmio delle famiglie e alla chiusura del credito da parte delle banche alle imprese.

Attenendoci ai dati ISTAT, nel 1980 l’Italia aveva un’inflazione pari al 21,2%. Molti ora staranno pensando che eravamo nella situazione dello Zimbabwe, di Weimar, era l’anno in cui le famiglie consumavano tutto il loro reddito, non risparmiavano nulla poichè i prezzi continuavano a salire senza sosta.
Stando ai dati OCSE, questa semplificazione (l’ennesima priva di fondamenta) non regge.
I dati OCSE ci dicono che nel 1980 il risparmio delle famiglie era il 25%: il più alto risparmio al mondo.
Ma vediamo anche i dati relativi al 1990, con un’inflazione molto più bassa: il risparmio privato delle famiglie era aumentato al 25,5% (dati OCSE) e l’inflazione viaggiava al 6,5% (dati ISTAT). Ancora l’Italia leader mondiale del risparmio delle famiglie.
Nel 2009, sempre secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, avevamo un’inflazione pari allo 0,8%. Gli economisti tromboni della televisione diranno che questo è un ottimo livello, che con un’inflazione del genere siamo un paese moderno, ricco e produttivo.
Ahimè nemmeno questa affermazione supera la prova dei fatti.
Sempre l’OCSE afferma che nel 2009 il risparmio delle famiglie era crollato al 6,8%.
Era crollato quasi 4 volte tanto.

In conclusione, vediamo ora quali sono le cause principali del “credit crunch” delle banche nei confronti delle imprese italiane, delle quali ne falliscono migliaia ogni giorno.

La linea rossa rappresenta le “aspettative generali sull’outlook economico”, cioè sulla prospettiva dell’economia.
Le banche sanno che lo Stato italiano non può più emettere moneta per far ripartire l’economia italiana; sanno che ora la creazione di attività finanziarie per i cittadini e le imprese è completamente in mano alle banche, dato che lo Stato è stato tolto di mezzo.
Con la differenza però che lo Stato crea ricchezza finanziaria netta, un’attività netta per cittadini ed imprese, mentre le banche commerciali creano attività sempre controbilanciate da passività, ovvero zero ricchezza finanziaria netta.
Le banche sono pro-cicliche, ovvero seguono il ciclo economico:
ad una situazione di espansione economica le banche prestano e finanziano gli investimenti; ad una situazione di recessione, come quella in cui ci troviamo, chiudono i rubinetti facendo crollare l’economia.

In questa situazione di recessione economica dovuta all’Eurozona, l’Italia si trova con un tasso di disoccupazione all’11% ed un tasso di utilizzo della propria capacità produttiva peggiore di tutti gli altri principali paesi europei, come mostra il seguente grafico elaborato dall’istituto Thomson Reuters

A fronte di tutto ciò, abbiamo compreso come il mito dell’Italia della “Liretta” è un falso. Abbiamo compreso come l’Italia della Lira era l’Italia che entrò nel G7, l’Italia che con il suo export terrorizzava i tedeschi e l’Italia che era la prima economia europea per produttività industriale. Eravamo i leader delle economie europee.

Dopo 10 anni di Euro, siamo tra i “maiali” d’Europa.

Fonte:  https://www.qualcosadisinistra.it/

 

 

4) CAPIRE L’EURO IN UNA IMMAGINE CHE VALE PIÙ DI UN MILIONE DI DISCORSI

SCRITTO DA REDAZIONE IL  29 NOVEMBRE 2014

In questi anni abbiamo fornito tantissimi grafici, tabelle, commenti, testimonianze, a partire dagli studi della Modern Money Theory, per far comprendere in che modo la struttura dell’euro fosse fortemente antidemocratica.

Qui inseriamo un grafico a tutti comprensibile. A sinistra, in verde, la piramide della moneta in uno stato con moneta sovrana, a destra, in rosso, la piramide della moneta di un paese che adotta l’euro.

A sinistra, al vertice della piramide della moneta vi è lo Stato, monopolista della moneta, quindi la Banca Centrale che è un istituto pubblico e che agisce su indicazione del Parlamento; dalla Banca Centrale derivano i flussi monetari verso le banche (moneta verticale) a seguito del pagamento di stipendi, forniture, investimenti, e di qui al sistema privato di cittadini e imprese (moneta orizzontale). Le tasse non servono a ripagare la spesa pubblica, come noto.

A destra, al vertice della piramide della moneta vi è la Banca Centrale Europea, la quale immette denaro nel sistema economico soltanto attraverso le banche. Al di sotto, troviamo lo Stato, retrocesso a mero utilizzatore della moneta che è costretto quindi a prendere in prestito al tasso di interesse deciso dalle banche. Ne deriva che imprese e famiglie devono subire la tassazione da parte dello Stato impegnato a recuperare centesimo per centesimo l’ammontare della spesa pubblica più gli interessi passivi.

Nel primo caso lo Stato può lasciare a famiglie e imprese il surplus finanziario necessario a pagare le tasse, vivere decentemente e risparmiare quanto necessario. Nel secondo caso, che è quello che stiamo vivendo, lo Stato drena i risparmi privati e li gira al settore finanziario.

Se cessa di farlo – se cioè cessa di tassare più di quanto spende per intascare il bottino da girare alle banche, come avviene da decenni in Italia – rischia il default, il fallimento.

Fonte: LINK ARTICOLO ORIGINALE memmt.info/site/capire-leuro-in-una-immagine-che-vale-piu-di-un-milione-di-discorsi/.

 

 

5) PARTITE CORRENTI IN DEFICIT: GLI ESEMPI DI USA, GRAN BRETAGNA E AUSTRALIA.

SCRITTO DA REDAZIONE IL 27 APRILE 2014.

Solo gli Stati Uniti possono mantenere un disavanzo delle partite correnti (saldo estero) permanente perché hanno il dollaro e 1600 testate nucleari. Sicuri?

Mentre in Italia gran parte dei cosiddetti “professori eterodossi” ha attaccato la Mmt sul tema delle partite correnti (leggi qui), vi mostriamo in un grafico realizzato da Daniele Della Bona di semplice comprensione i saldi delle partite correnti di Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia, in deficit quest’ultima da circa 40 anni consecutivi. E luogo dove i nuovi emigranti italiani si stanno trasferendo in massa.

 

Fonte: LINK ARTICOLO ORIGINALE memmt.info/site/partite-correnti-gli-esempi-di-usa-gran-bretagna-e-australia/.

 

 

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Cristian Minerva

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