Storia: Crisi grande depressione(1929)

Sequenza degli articoli:

  • INTRODUZIONE: Storia dela grande depressione del ’29 in sintesi.
  1. RIASSUNTO DELLA CRISI DEL 1929, E CONSEGUENTE GRANDE DEPRESSIONE.
  2. L’APPROCCIO LIBERISTA CLASSICO DI RISOLUZIONE ALLA CRISI.
  3. L’APPROCCIO KEYNESIANO DI RISOLUZIONE ALLA CRISI.

 

 

INTRODUZIONE: Storia della grande depressione del ’29 in sintesi.

La crisi del ’29 rappresenta essere lo SpartiAcque tra:

  • –  l’economia antica liberista classica (basata sulla moneta aurea), e
  • – l’economia moderna liberale keynesiana (basata sulla moneta moderna).

ATTENZIONE: L’UE si fonda sull’economia antica classica, mentre la Costituzione italiana si fonda sull’economia moderna keynesiana.
Ergo: Ad essere antiquata e NON al passo coi tempi è la Costituzione europea (Trattato di Lisbona 2006), e NON la Costituzione italiana del ’48, come si vorrebbe far credere.
Negli articoli seguenti verrà messa in luce la fallacia del modello liberista, che ricordiamo, ha creato i forti squilibri che hanno condotto alle guerre mondiali (vedi pag. Verbali della Costituente).

 

 

1) RIASSUNTO DELLA CRISI DEL 1929, E CONSEGUENTE GRANDE DEPRESSIONE.

LA CAUSA DELLA CRISI E’ TUTTA DEL MODELLO LIBERISTA.

Dopo la 1^ guerra mondiale gli Stati Uniti erano diventati la prima potenza economica mondiale ed avevano raggiunto livelli di ricchezza molto più alti di quelli dell’Europa.
L’economia durante gli anni 20 crebbe enormemente.
Di fronte a questa imponente crescita economica i presidenti repubblicani Warren G. Harding, Calvin Coolidge e Herbert Hoover agirono sulla base di un dogma classicamente liberista:
Lo Stato doveva fare un passo indietro di fronte agli interessi privati.
Pertanto essi, per favorire gli investimenti:

  1. rinunciarono a qualsiasi forma di controllo sulle grandi concentrazioni finanziarie emergenti;
  2. diminuirono la spesa pubblica;
  3. ridussero al minimo le imposte sui redditi;
  4. mantennero basso il tasso di interesse, in modo da favorire l’accesso al credito da parte delle imprese.

Nel corso degli anni venti l’investimento in borsa era diventato un fenomeno di massa: sempre più persone investivano i propri risparmi acquistando azioni per poi rivenderle poco dopo incassando la differenza.
La borsa cominciò a gonfiarsi sempre di più, distanziandosi sempre più dai valori dell’economia reale.
Il modello liberista come noto causò un sistematico squilibrio di ricchezza tra le classi sociali:

  • – Da una parte le classi agiate che speculavano in borsa si arricchivano sempre di più.
  • – Dall’altra parte le classi lavoratrici (molto più vaste di quelle agiate) che erano costrette a lavorare a salari sempre più bassi rispetto all’aumento della produzione, si impoverivano progressivamente.

Per avere un’idea: Durante gli anni 20 il 5% degli statunitensi possedeva un terzo dell’intero reddito nazionale.
Altro elemento che stava caratterizzando l’economia statunitense di quel periodo storico, era la fusione delle banche fra di loro nella così detta Banca Universale in cui le 2 differenti tipologie di banche, quella commerciale e quella d’affari, si ritrovavano ad essere un tutt’uno.
L’euforia speculativa di Wall Street crollò improvvisamente il 24 ottobre 1929 (il “giovedì nero”).
La borsa aveva ormai perso ogni contatto con la realtà: improvvisamente furono vendute milioni di azioni con un ribasso delle quotazioni apparentemente inarrestabile che mandò sul lastrico centinaia di migliaia di risparmiatori grandi e piccoli.
Il forte periodo di depressione che seguì provocò un forte aumento della disoccupazione, il crollo dei consumi e della produzione industriale.
Il tracollo delle importazioni, inoltre, colpì anche gli stati che esportavano materie prime negli Stati Uniti (ad esempio il Cile che forniva rame agli USA).

La crisi del 1929 rappresenta essere lo SpartiAcque tra l’economia antica (liberista) e moderna (keynesiana).
Ancora oggi, nonostante tutto, l’economia continua ad essere in balia degli squilibri prodotti dal perseverare della dottrina arcaica liberista, essendo che quella keynesiana è stata letteralmente neutralizzata per mezzo del così detto OrdoLiberismo.

Scritto da: Cristian Minerva
Fonti: Vedi voce “New Deal” su Wikipedia

 

 

2) L’APPROCCIO LIBERISTA CLASSICO DI RISOLUZIONE ALLA CRISI.

SI DEREGOLAMENTA IL MERCATO PER CONSENTIRE ALL’OFFERTA DI ABBASSARE I PREZZI.

Per i liberisti la crisi è dal lato dell’OFFERTA, e quindi occorre intervenire in quella direzione.
L’intervento sull’offerta prevede di aumentare la competitività al fine di rendere i prodotti più convenienti così da essere acquistati più agevolmente dagli acquirenti; in questo modo l’offerta riparte, i disoccupati vengono riassorbiti, e la legge del mercato si assesterà verso il nuovo equilibrio.
Il tutto rigorosamente senza il minimo intervento dello Stato che anzi dovrà lasciare libero il mercato di fare il suo corso.
L’unico problema da gerstire/perseguire dunque è quello di trovare il modo di rendere i salari più bassi possibili.
Questo approccio si basa sull’assunto per cui le crisi si possono considerare come oportunità da sfruttare, basandosi su teorie tipo quelle della foresta in cui sopravvivono soltanto gli alberi forti mentre è giusto che gli altri soccombano.
Secondo queste teorie occorre intervenire con politiche deflazionistiche in cui occorre poter tagliare i salari, sfruttando la persistenza di un elevato tasso di disoccupazione (e le crisi offrono terreno fertile in questo senso).
Il tasso di disoccupazione strutturale ritenuto necessario dalla dottrina NeoLiberista (lo stesso previsto in UE) implica che la popolazione sia disposta ad accettare un livello di impoverimento quale prezzo necessario da pagare per ottenere che il sistema economico si riassesti al suo punto naturale di equilibrio (ovvero il punto di superamento della crisi).
I liberisti ritengono che questo frangente in cui le persone disoccupate competeranno tra di loro per accaparrarsi il posto di lavoro al prezzo più basso possibile, la legge della selezione naturale farà il suo corso:
I più forti sopravvivono.
I più deboli soccombono.
In questo scenario il libero mercato lasciato libero di fare il suo corso, tenderà spontaneamente all’equilibrio.
La procedura liberista segue il seguente schema:

  1. – Si attuano le famose riforme strutturali in cui lo Stato taglia la spesa pubblica ed elimina le tutele dei lavoratori, in modo da abbassare i salari.
  2. – I salari bassi avranno azzerato l’inflazione.
  3. – La deflazione avrà portato il livello dei prezzi a quello giusto.
  4. – L’offerta a questo punto potrà riprendere, visto che la gente starà accettando di lavorare a livelli praticamente illimitati di flessione.
  5. – E la domanda a sua volta per la “Legge di Say” ripartirà, spinta dal potere di acquisto dei salari di tutti i – lavoratori impiegati (che ricordiamo, risultano essere sottopagati e con scarso potere di acquisto).
  6. – In fine, una volta che la domanda e l’offerta sono ripartite, il libero mercato tenderà ad assestarsi sul nuovo equilibrio secondo cui la ricchezza si ritroverà allocata e distribuita nel modo ottimale previsto dai liberisti.

Questo è il modello Liberista.
Il problema del modello liberista è che si tratta di una teoria che NON  è supportata dai fatti.
Ancora peggio.
I fatti dimostrano che al contrario il libero mercato lasciato libero a se stesso, vada ad acuire gli squilibri invece che annullarli.

Scritto da: Cristian Minerva

Fonti: Luciano Caracciolo. Ritorno alla Costituzione – Futuro risparmio e del lavoro oltre l’euro.
 

 

3) L’APPROCCIO KEYNESIANO DI RISOLUZIONE ALLA CRISI.

SI REGOLAMENTA IL MERCATO PER CONSENTIRE ALLA DOMANDA DI ASSORBIRE L’OFFERTA.

Per i keynesiani la crisi è dal lato della DOMANDA, e quindi occorre intervenire in quella direzione.
L’intervento sulla domanda parte da un presupposto completamente rovesciato a quello liberista.
Keynes infatti osserva che:
Siccome la spesa di qualcuno è sempre reddito di qualcun altro, limitare i salari durante una crisi recessiva/deflattiva in cui le persone NON hanno sufficienti soldi per fare acquisti, comporterà sistematicamente l’aggravamento ulteriore della crisi, giacchè si andrebbero a ridurre ulteriormente i soldi in tasca ai cittadini acquirenti.
I soldi quindi NON vanno diminuiti ma al contrario vanno aumentati, specie nelle tasche di tutti quelli che di soldi NON  ne hanno proprio poichè disoccupati.
Ovviamente l’unico modo possibile per ottenere un intervento in questa direzione della DOMANDA, è rigorosamente mediante un intervento pubblico dello Stato.
Il modello keynesiano si attua con il solito schema MMTdi sempre.

  1. – Lo Stato crea autonomamente i “suoi” soldi a mezzo della sua Banca Centrale o della sua Zecca, e li spende per impiegare i suoi disoccupati a produrre ciò che manca/serve.
  2. – i disoccupati producono beni, servizi e infrastrutture di pubblica utilità.
  3. – la produzione creata fornisce il contro-valore alla moneta emessa (quindi non si genera inflazione),
  4. – Il reddito dei lavoratori NON più disoccupati consente alla domanda di assorbire l’offerta impantanata nella crisi.
  5. – poi lo Stato tassa (facendo apprezzare la moneta internamente alla Nazione),
  6. – e i soldi che restano in circolo (debito pubblico/risparmi privati) saranno quelli che finanzieranno tutte le attività private dell’economia nazionale che a loro volta necessiteranno di assumere nuova forza lavoro (dissolvendo la disoccupazione);
  7. – l’esportazione della produzione nazionale all’estero a sua volta rafforzerà  la valuta (sui mercati globali),
  8. – consentendo in fine alla Nazione di acquistare le importazioni di cui necessita (ad esempio le materie prime).

L’approccio keynesiano si contrappone a quello liberista sostanzialmente per il fatto di rigettare l’assunto secondo cui il mercato lasciato libero da interferenze dello Stato si riporterebbe autonomamente in equilibrio.
Di conseguenza la soluzione keynesiana prevedeva per logica il ripristino delle regole del mercato, a partire dalla regola che stabiliva la netta separazione tra banca convenzionale e banca d’affari.

Questo è il modello Keynesiano.

Scritto da: Cristian Minerva

Fonti: ME-MMT

 

 

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Cristian Minerva

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