Situazione Germania

Sequenza degli articoli:

  • INTRODUZIONE: L’indole imperialista della GermaniaUnita che si fa finta di NON vedere.
  1. LA GERMANIA DENTRO e FUORI DALL’UNIONE MONETARIA.
  2. GERMANIA VIOLATRICE SERIALE DEL PATTO DI STABILITA’ EUROPEO.
  3. LA GERMANIA CONTEGGIA IL SUO DEBITO PUBBLICO IN MODO DIFFERENTE RISPETTO ALL’ITALIA.
  4. RIEPILOGO DEI 5 TRUCCHI CONTABILI DELLA GERMANIA (fra cui la KFW).
  5. IL DEBITO TEDESCO E’ PEGGIORE DI QUELLO ITALIANO (articolo basato su di una ricerca condotta da un ente di studi tedesco, la Stiftung Marktwirtschaft -Fondazione per l’economia di mercato- di Berlino diretta dagli economisti Michael Eilfort e Bernd Raffelhüschen).
  6. TEDESCHI SPECIALISTI NEL NON PAGARE I LORO DEBITI: NON LI HANNO PAGATI 3 VOLTE! (da “Il Sole 24 Ore” e “Il Fatto Quotidiano“)
  7. RIFORME HARTZ: QUELLO CHE NESSUNO RACCONTA SULLE RIFORME DEL MERCATO DEL LAVORO TEDESCO.

 

 

INTRODUZIONE: L’indole imperialista della GermaniaUnita che si fa finta di NON vedere.

LELIO BASSO (nel 1949): “Ogni passo avanti verso l’Unione Europea è un passo avanti nella via dell’assoggettamento dell’Europa al dominio del capitale finanziario americano. L’Unione Europea assomiglia più profondamente all’Europa di Hitler”‬.

Il riferimento di Lelio Basso è al progetto Europäische Wirtschaftsgesellschaft, un piano, del 1942, di integrazione monetaria e industriale degli Stati europei, allora tutti sotto il tallone tedesco, messo a punto dal ministro dell’Economia del Reich, Walther Funk, e dal collega titolare del dicastero degli Armamenti, Albert Speer.
I ministri di Hitler avevano disegnato un’area di mercato aperta, senza dazi doganali, basata su una moneta unica, con al centro la Germania quale Stato leader.

LUCIANO BARRA CARACCIOLO (nel 2014): “Ogni volta che la Germania si unifica, ricomincia sempre a cercare di espandersi per conquistare gli altri Stati che gli stanno intorno; si tratta di un indole imperialista propria della Germania unita.”

A seguire una raccolta di articoli che mettono in luce tutti gli aspetti economici e NON, che consentono ai tedeschi di essere così egemoni.

 

 

1) LA GERMANIA DENTRO e FUORI DALL’UNIONE MONETARIA.

FUORI DALL’UNIONE MONETARIA LA GERMANIA AFFONDA, DENTRO L’UNIONE SCHIACCIA TUTTI.

Abbiamo già spiegato che le UnioniMonetarie sono fatte per consentire ai paesi forti di avvantaggiarsi sui paesi deboli, così da riuscire ad operare una vera e propria colonizzazione delle economie sfavorite dall’Unione.

ROMANO PRODI (nel 2013): “La Germania NON ha mai potuto accumulare un surplus di esportazioni senza l’Unione EuroMonetaria!”

SKA KELLER 2014 (EuroParlamentare tedesco):   “Se la Germania lasciasse l’Euro, perderemmo moltissimi posti di lavoro nel settore delle esportazioni perchè nessuno mai comprerebbe più i prodotti carissimi tedeschi poichè non ci sarebbe più l’Euro. Non ha senso lasciare l’Euro, creerebbe una perdita di posti di lavoro enorme.” (Perdita di posti per la Germania, ma guadagno di posti di lavoro per l’Italia e gli altri PIIGS [N.d.a.]).

THEO WAIGEL 2015 (ex ministro delle finanze gov Kohl):  “Se la Germania oggi uscisse dall’unione monetaria, allora avremmo immediatamente, il giorno dopo, un apprezzamento tra il 20% e il 30% del marco tedesco che tornerebbe nuovamente in circolazione. Chiunque si può immaginare che cosa significherebbe per il nostro export, per il nostro mercato del lavoro, o per il nostro bilancio federale“.

A seguire acune prove pratiche degli effetti (sulla Germania) dell’UnioneMonetaria a seconda che l’Unione ci sia o NON ci sia.

Nel 1992 un attacco speculativo fa uscire l’Italia e l’Inglilterra dal Sistema EuroMonetario (SME), con conseguente riposizionamento delle valute dei paesi membri ai valori reali.

Repubblica – 18 marzo 1993 – “BAYER TRADITA DAL MARCO

BAYER TRADITA DAL MARCO

MILANO – La recessione economica e la forza del marco frenano i conti ’92 del gruppo Bayer, il colosso chimico che realizza il 79% della sua attività fuori dai confini tedeschi. Il giro d’affari è calato del 2,8% a 41,2 miliardi di marchi (circa 39.800 miliardi di lire), mentre l’utile netto è sceso del 15,7% a 1,6 miliardi di marchi. In calo quindi anche il dividendo, da 13 a 11 marchi per azione. La diminuzione del fatturato è stata influenzata in misura determinante, il 3% (ovvero 1,27 miliardi di marchi), dalla svalutazione di sterlina, lira e peseta e per l’1,7% (735 milioni di marchi) dalla diminuzione dei prezzi di vendita, compensata in parte dall’incremento delle quantità vendute (pari all’1,9% del giro d’affari, 803 milioni di marchi).

A fine ’92 l’Italia si sgancia dal Sistema Euro Monetario (SME), e come da copione, i listini prezzi nazionali si riposizionano ai valori reali:
– Giù per l’Italia,
– Su per la Germania.
I risultati di tale effetto, sono riportati da tutte le principali testate giornalistiche del tempo.

Corriere della Sera – 4 giugno del 1993 – “GERMANIA MAI COSI’ IN BASSO

CRISI SENZA FINE / LA LOCOMOTIVA D’EUROPA NELLA PEGGIORE RECESSIONE DEGLI ULTIMI 20 ANNI

Nel primo trimestre il prodotto interno lordo è crollato del 3,2 per cento. Quasi 350 mila occupati in meno. Precipitano gli investimenti ma la BUNDESBANK rimane inflessibile e non riduce il costo del denaro.

Ormai le cifre parlano chiaro: per la Germania è la crisi peggiore degli ultimi vent’anni. Mai i grandi indicatori congiunturali avevano avuto, dopo il trauma petrolifero del 1974, un andamento così negativo e così costante. I dati forniti ieri dall’Ufficio statistico federale di Wiesbaden sono drammatici: il prodotto interno lordo arretra del 3,2% rispetto a un anno fa, il prodotto sociale lordo, che tiene conto anche delle massicce fughe di capitali, addirittura del 3,7. Sono cifre relative al primo trimestre, confrontate con quelle dei primi tre mesi del ’92, e limitate alla sola Germania Occidentale.

Dentro lo SME i prodotti tedeschi risultavano appetibili per il mercato estero.
Dopo la svalutazione della Lira fuori dallo SME, i prodotti italiani sono tornati ad essere più convenienti rispetto alla concorrenza straniera, ecco perché fu allentato il credito.
E anche gli investitori preferiscono investire dove il costo del lavoro costa meno (in Italia) rispetto a dove costa di più (in Germania).

La Stampa – 18 marzo 1996 – “IL MARCO FA SCAPPARE LE IMPRESE TEDESCHE

“IL MARCO FA SCAPPARE LE IMPRESE TEDESCHE”

BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE: In un anno sono quasi raddoppiati, ed è un record che fa discutere il mondo del lavoro e gli analisti: gli investimenti esteri delle imprese tedesche sono saliti da 27 miliardi di marchi nel 1994 a 50 miliardi nel ’95. Soprattutto per due ragioni che mettono in luce debolezze del sistema Germania, nota la Bundesbank nel suo ultimo rapporto mensile: per difendersi da costi del lavoro troppo alti e per controbattere a un Supermarco che compromette le esportazioni. Che non si tratti di un caso ma di una tendenza al rialzo dopo una flessione, lo conferma il paragone con gli anni precedenti: nel ’91 gli investimenti all’estero erano stati di 39 miliardi di marchi. A conferma poi che la Germania ha perduto molta della sua forza di attrazione per l’industria, come nota ancora la Bundesbank, un altro dato: gli investimenti delle imprese straniere in Germania sono stati di 13 miliardi di marchi nel ’95, ma erano stati di 26 miliardi l’anno precedente. Come riassume la Banca di emissione «la Germania partecipa meno di altri Paesi alla continua internazionalizzazione della produzione». La polemica dura da mesi: anche se fra i fattori che inducono le imprese tedesche a massicci investimenti esteri c’è la necessità di rafforzare le proprie posizioni su quei mercati, di fronte alla concorrenza interna e in presenza di un marco troppo forte; e anche se il dato può essere ricondotto all’apertura di nuovi mercati agli investimenti stranieri, la spiegazione principale è «la difficoltà di produrre nel luogo di produzione Germania». Per gli impacci burocratici che scoraggiano l’avvio di nuove attività; per un sistema di tassazione giudicato vessatorio dalle imprese. E per un mercato del lavoro gravato da costi aggiuntivi troppo elevati e ancora troppo poco mobile, nonostante i progressi degli ultimi due anni: produrre in Germania il motore di un’automobile costa quasi il doppio, a parità di qualità, rispetto a Paesi del Sud America o dell’Europa orientale. Di fronte a difficoltà che si cumulano, la scelta di produrre all’estero si impone, sostengono le imprese. Ma in presenza di una disoccupazione record – 4 milioni e 300 mila persone senza lavoro in febbraio, l’11% – il dibattito economico-politico sul futuro del sistema-Germania si infiamma, prossimo appuntamento il rinnovo dei contratti.

Si osservi: La Germania col cambio pesante accusa tutte le stesse identiche problematiche che guarda caso l’Italia subisce all’interno del Sistema EuroMonetario (che come detto, appesantisce la Lira nella stessa misura).

La Stampa – 26 aprile 1996 – “KOHL CHIEDE LACRIME E SANGUE

KOHL CHIEDE «LACRIME E SANGUE»

BONN – Dalle colonne della «Bild Zeitung», il quotidiano tedesco più diffuso con quasi cinque milioni di copie, il Cancelliere Kohl ha inviato ieri questo appello in forma di lettera ai suoi concittadini:

LA LETTERA AI TEDESCHI: «Care concittadine, cari concittadini, in questi giorni dobbiamo confrontarci con decisioni importanti per il futuro del nostro Paese. Di fronte all’alto numero di disoccupati il governo vuole fare uno sforzo particolare – e del resto non ha altra scelta – per stimolare la crescita e creare dunque nuovi, più sicuri posti di lavoro.

Nel nostro Paese molte cose vanno bene, ma tutti noi dobbiamo cambiare il modo di pensare a determinate situazioni. Per esempio il costo del lavoro da noi è molto più alto che in altri Paesi. Questo fatto ha fatto sì che in Germania non si investa più abbastanza. Per questo abbiamo deciso misure che toglieranno questi costi, e aiuteranno dunque il futuro della nostra economia.

Risparmiare non è un fine in sé, ma assicura le fondamenta per una futura crescita, una crescita durevole e sana. Qualcuno propone di finanziare col credito lo Stato sociale. Ma il bilancio dello Stato non è diverso dal bilancio personale di ognuno di noi: non si può vivere al di sopra delle proprie possibilità.

Sono convinto che la maggior parte di voi se ne rendono conto e riconoscono che queste misure sono necessarie per combattere in modo efficace la disoccupazione. Se non prendiamo provvedimenti adesso, altri posti di lavoro andranno perduti. Il nostro Stato sociale non sarebbe allora più finanziabile.

Soltanto se resteremo tutti uniti potremo assicurare, un futuro sereno al nostro Paese!». Helmut Kohl

Kohl dice ai tedeschi che hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità.
Si tratta degli stessi mantra usati in Italia, secondo cui lo Stato è come il padre di famiglia, oltre che a colpevolizzare i cittadini.
Lettera molto ipocrita visto che la Germania nel 1995 aveva fatto un deficit del 9.4%, vedi database ufficiale dell’UE (Ameco).

Chissà come mai quando la Germania è dentro l’UnioneMonetaria tutti i problemi che accusava fuori, sono tutti dissolti..

Dal 2002 in poi, export tedesco sempre positivo.

Scritto da: Cristian Minerva

Fonti: LaStampa, Corriere della Sera, LaRepubblica.

 

 

2) GERMANIA VIOLATRICE SERIALE DEL PATTO DI STABILITA’ EUROPEO.

JUNCKER: “LA GERMANIA HA VIOLATO IL PATTO DI STABILITÀ 18 VOLTE!”

Ci sono molti Stati che nel corso dell’UnioneEuroMonetaria hanno tenuto una MalCondotta poco rispettosa delle regole dei Trattati.
Nella classifica dei “trasgressori” delle regole europee a fine 2016, la Germania risulta in testa davanti a tutti.
A seguire la Spagna. poi Belgio, Portogallo, Grecia e Francia.
Nonostante la Brexit, il Regno Unito risulta al quattordicesimo posto.
I paesi che infrangono meno regole sono invece Estonia, Malta e Danimarca.

MilanoFinanza – 2 maggio 2019 – Juncker, la Germania ha violato il patto di stabilità 18 volte.

IlFattoQuotidiano – 2 maggio 2019 – Ue, Juncker: “La Germania si lamenta dell’Italia, ma ha violato patto di stabilità 18 volte e continua a farlo”

JEAN-CLAUDE JUNKER: “I tedeschi amano lamentarsi degli italiani, ma anche loro hanno violato il patto di stabilità 18 volte – le ho contate – e continuano a farlo”.

Si tratta della dichiarazione del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, in un’intervista al giornale tedesco Handelsblatt.

Il patto di stabilità è quello che impone agli Stati di NON sforare determinate soglie limite stabilite daI trattati.
Le soglie salienti sono:
– Limite del deficit del 3%.
– Limite del surplus di esportazioni del 6%.
Ebbene:
La Germania è la più grande violatrice seriale dei trattati.
Infatti:

Violazione surplus del 6%:

La Germania ha sforato la soglia di SURPLUS dal 2012 al 2019.
Ciò accade come detto a causa del fatto, o meglio, grazie al fatto che l’Euro altera al ribasso i listini prezzi della Germania, rendendo i prodotti tedeschi artificialmente convenienti sui mercati globali (NB: Si fa notare che quando un paese esporta all’estero, sta al contempo esportando disoccupazione).

Violazione del deficit del 3%:

La Germania ha sforato la soglia di DEFICIT dal 2002 al 2005 e nel 2009-2010.

I dati nel dettaglio:

Abbiamo consultato il database Eurostat e questi sono i risultati che sono emersi. Per quanto riguarda il rapporto deficit/Pil, la Germania ha superato il tetto del 3% in sette occasioni: nel 2001 (3,1%), nel 2002 (3,9%), nel 2003 (4,2%), nel 2004 (3,7%), nel 2005 (3,4%), nel 2009 (3,2%) e nel 2010 (4,2%). Per quanto riguarda il rapporto debito/Pil, la Germania lo ha superato costantemente dal 2003 fino al 2018, inclusi. Dunque per sedici volte.

In particolare il rapporto debito/Pil è aumentato significativamente tra il 2007 e il 2010, quando è passato dal 63,1% all’81,8%, è rimasto vicino all’80% fino al 2013, per poi cominciare una rapida discesa che nel corso degli anni successivi ha portato il rapporto al 60,9% del 2018.

Il totale dunque la Germania risulta essere di 23 violazioni nel corso degli ultimi 20 anni, dunque ancora di più di quanto conteggiato da Junker.

ATTENZIONE: E si badi, senza essere mai sanzionata!

Scritto da: Cristian Minerva

Fonti: Dati FMI

 

 

3) LA GERMANIA CONTEGGIA IL SUO DEBITO PUBBLICO IN MODO DIFFERENTE RISPETTO ALL’ITALIA.

SIAMO PROPRIO SICURI CHE QUELLI FURBI IMBROGLIONI SIANO GLI ITALIANI?

Il conteggio del debito pubblico è la sommatoria di 3 voci:

  • – 1) Debito di Stato.
  • – 2) Debito delle Regioni.
  • – 3) Debito del sistema pensionistico.

Verrebbe da credere che lo stesso calcolo valga uguale per tutti gli Stati..
Anzi: deve per forza essere così, altrimenti…. di che staremmo parlando?
Ebbene, NON è così.
Accade infatti che la Germania abbia un computo del suo debito pubblico che comprende solamente le seguenti voci:

  • – 1) Debito di Stato.

E basta!
Il Debito dei Lander[2] (ovvero, le Regioni tedesche) e il Debito del sistema pensionistico[3] sono fuori dal calcolo (si veda l’art “Riepilogo dei 5 trucchi contabili della Germania” a seguire).
Possibile?
Ma c’è dell’altro:
La Germania dispone di una fondamentale Banca pubblica chiamata KFW, la quale eroga finanziamenti per la spesa pubblica tedesca per un valore di miliardi di Euro senza che questi vengano calcolati nel computo del deficit, e dunque nel conseguente Debito Pubblico (vedi *NOTA  in calce all’articolo).
E’ stato calcolato che la porzione di debito tedesco occultato a mezzo della KFW ammonti ad un valore di circa il 20% dell’intero debito pubblico nazionale, il che equivale a dire che il debito tedesco effettivo dovrebbe essere il 20% in più (vedi art “KFW” a seguire), a cui andrebbero sommati ulteriormente come detto il debito dei Lander e del sistema pensionistico sopra menzionati.
Non c’è da aggiungere altro..

*NOTA (KFW):

E’ in atto una diatriba sul fatto se il credito erogato dalla CDP italiana sia conteggiato o NO nel debito pubblico nazionale, o cmq se la CDP goda o meno degli stessi spazi di manovra della KFW.
Si invitano tutti i lettori a procedere autonomamente a condurre le dovute ricerche, al fine di ottenere tutte le informazioni del caso.
Ciò NON preclude cmq la persistenza degli altri trucchi contabili tedeschi.
A seguire segnaliamo alcune tra le spiegazioni su KFW/CDP reperibili sul web:

VALERIO MALVEZZI (economista): “La KFW è una banca pubblica come il nostro Medio Credito Centrale (cioè la CDP): La differenza fondamentale è che la KFW è esentata dai requisiti di capitale e dalle regole dell’unione bancaria, che si chiamano con varie sigle, mentre la CDP NON è esentata. Da maggio 2018 oltre a KFW altre 13 banche tedesche sono state esentate dalla vigilanza sui conti pubblici.” (Cit. Valerio Malvezzi, Fonte: Malvezzi ► “Il loro piano è impedire ItalExit: lo faranno grazie al MES e al CoronaVirus” dal min 9:58).

NINO GALLONI (economista): “La KFW tedesca e la CDP italiana, a causa di una differenza presente nei loro rispettivi statuti che ne definiscono il loro inquadramento, NON funzionano allo stesso modo: La KFW fa degli interventi monetari che alla CDP NON sono consentiti.” (Cit. Nino Galloni, Fonte: Nino Galloni – Cassa Depositi e Prestiti“).

Altre prossimamente…

Scritto da: Cristian Minerva

Fonti:  Video su YouTube  PERCHÉ NESSUNO NE PARLA? ECCO COME LA GERMANIA TRUCCA AL RIBASSO IL SUO DEBITO PUBBLICO – Malvezzi

 

 

4) RIEPILOGO DEI 5 TRUCCHI CONTABILI DELLA GERMANIA (fra cui la KFW).

5 TRUCCHI CON CUI LA GERMANIA RIESCE AD ALTERARE IL VALORE DEI SUOI CONTI.

C’è un paese in Europa che commette 5 marachelle che gli consentono di alterare i suoi valori economici; indovinate di che Nazione si tratta?
Non è l’Italia, non è la Grecia, non è nessuno dei paesi così detti PIIGS, ma al contrario è uno dei paesi che fanno continuamente la predica agli altri…
– È lo stesso Paese che finanzia le piccole imprese con denaro pubblico raccolto da una banca pubblica, che tuttavia non è debito pubblico (Trucco1-KFW) vedi *NOTA in calce all’articolo.
– È lo stesso Paese che impone il pareggio di bilancio senza se e senza ma agli altri Paesi europei, ma non ai suoi comuni (Trucco2-POLITICHE ESPANSIVE LANDER).
– È lo stesso Paese che punta il dito sugli aiuti di Stato altrui, ma possiede quasi la metà del proprio sistema bancario (Trucco3-LANDERSBANKEN PUBBLICHE).
– È lo stesso Paese che viola apertamente l’articolo 101 del trattato di Maastricht (Trucco4-CONTROLLO SPREAD).
– È lo stesso Paese che viola la regola dello sforamento del limite della bilancia commerciale in surplus (Trucco5-SFORAMENTO SURPLUS EXPORT).
Ebbene, stiamo proprio parlando della Germania.
Approfondiamo a seguire i 5 trucchi sopra menzionati, messi in atto dai tedeschi:

1) IL TRUCCO DELLA KFW (La Kfw è pubblica ma i suoi debiti, per la contabilità tedesca, non sono debito pubblico) vedi *NOTA:

In Italia c’è la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp).
In Germania la Kreditanstalt für Wiederaufbau, la Banca per la ricostruzione (post-bellica), per gli amici Kfw.
Entrambe sono di proprietà pubblica:
la Cdp è all’80,1% del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il 18,5% delle fondazioni bancarie e per l’1,5% di azioni proprie.
La Kfw è al 80% di proprietà del governo federale e al 20% dei diversi lander (l’equivalente delle nostre regioni, ndr) in cui è suddiviso il territorio tedesco.
Entrambe, per finanziarsi, emettono dei titoli.
La Cdp sottoforma di obbligazioni, la stragrande maggioranza delle quali coperte da garanzia statale.
La Kfw, pure, emettendo titoli a tassi bassissimi grazie al doppio filo che la lega al governo tedesco e ai suoi affidabilissimi Bund.
——La Kfw è pubblica ma i suoi debiti, per la contabilità tedesca, non sono debito pubblico:
La Cdp raccoglie ogni anni circa 320 miliardi di euro, la Kfw circa 500 e li reinveste concedendo prestiti a tassi irrisori alle piccole e medie imprese e controllando ingenti quote del capitale di colossi come Deutsche Post e Deutsche Telekom.
C’è solo una piccola differenza:
I 300 miliardi di debito contratto dalla Cdp coperto da garanzia statale entra nel conteggio del debito pubblico italiano.
I 500 miliardi di euro della Kfw invece no.
Il motivo è una regola contabile dello Stato tedesco che esclude dal debito pubblico le società pubbliche che si finanziano con pubbliche garanzie ma che coprono la metà dei propri costi con ricavi di mercato e non con versamenti pubblici, tasse e contributi.
Regola alquanto discutibile: la proprietà di Kfw è pubblica, la sua vigilanza non è deputata alla Bundesbank (la banca centrale tedesca, ndr), ma al ministero delle Finanze, i suoi tassi sono diretta conseguenza di quelli dei Bund e se avesse problemi sarebbe lo Stato a intervenire.
Facciamo i conti della serva:
500 miliardi di euro sono pari a circa un quarto dei 2080 miliardi complessivi del debito pubblico tedesco.
Se li sommassimo otterremmo un debito pubblico tedesco che dal 78,4% arriverebbe a lambire il 97% del Pil.
Comunque lontano, ma un po’ più vicino al nostro 132,6 per cento.

2) IL TRUCCO DELL’ELUSIONE DEL PAREGGIO DI BILANCIO DEI LANDER (Per i Comuni tedeschi, il pareggio di bilancio non è obbligo di legge):

In Italia, è cosa nota, dovremo rispettare il principio del pareggio di bilancio a partire dal 2015.
Non vale lo stesso per la Germania.
Questo perchè la Germania, è uno Stato federale, formato da 16 Lander, ognuno dei quali con la propria contabilità, il proprio bilancio, la propria capacità di raccolta fiscale e piena facoltà di indebitarsi.
E qui sta il punto:
Sì perchè i Lander hanno una conformazione economico-politica che gli consente di agire col debito, così come non possono fare le comune regioni degli Stati convenzionali (come ad es. l’Italia), in cui agli enti locali è categoricamente vietato attuare espansioni del debito (si consideri che degli oltre duemila miliardi di debito tedesco, più di 600 sono da imputare a lander ed enti locali).
——Per i Comuni tedeschi, il pareggio di bilancio non è obbligo di legge:
Prima differenza non da poco: se lo Stato tedesco dovrà obbligatoriamente raggiungere il pareggio di bilancio nel 2016, i lander potranno prendersela comoda, avendo tempo fino al 2020.
Non solo, dicevamo: perché nulla si dice, in Germania, di cosa dovranno fare gli enti locali, il cui debito è pari circa al 6% del totale.
Per loro, a quanto pare, il pareggio di bilancio non è obbligo di legge e molti di loro sono sovraindebitati: il record è di Oberhausen, nella Ruhr, il cui debito comunale è pari a 6.900 euro per abitante.
Situazione totalmente diversa rispetto a quella dei nostri Comuni, letteralmente strozzati dal patto di stabilità interno, strumento che impone a tutte le articolazioni locali dello Stato di partecipare agli obblighi di finanza pubblica che ci chiede l’Europa.
ATTENZIONE: E volete sapere chi è uno dei principali creditori degli enti locali tedeschi? E’ proprio la KFW.

3) LANDERSBANKEN PUBBLICHE (In Germania, quasi la metà del sistema bancario è in mano al pubblico):

Al netto della Cdp, in Italia tutte le banche sono in mano a investitori privati.
In Germania invece il 45% del sistema bancario è in mano al settore pubblico.
Il caso più famoso è quello della Commerzbank, una delle principali banche tedesche, nel quale lo Stato partecipa con una quota del 17%, ma vi sono molte altre realtà del credito con una forte presenza del pubblico nella compagine azionaria.
Prime fra tutte le Landersbanken, le banche regionali tedesche.
Sono 6, sono tutte pubbliche, sono gestite con criteri politici e, soprattutto, non sono esattamente dei nani della finanza:
LbBerlin, la più piccola, ha attività per 130 miliardi di euro; la più grande, la Lbbw, 337 miliardi – una volta e mezzo il Monte dei Paschi di Siena, tanto per essere chiari, ed è la quarta banca del Paese.
Da qualche anno si parla della crisi delle Landesbanken e dei 637 miliardi di attività deteriorate che hanno in pancia, soprattutto a causa del fatto che nel 2008, quando scoppiò la crisi finanziaria, erano imbottite di mutui subprime.
——In Germania, quasi la metà del sistema bancario è in mano al pubblico:
L’effetto complessivo, al netto della crisi di queste banche regionali, è quello di un sistema del credito che gioca in stretta sinergia con gli obiettivi di finanza pubblica del governo centrale.
Facciamo un esempio: poniamo che la Germania voglia esercitare una forte pressione competitiva su un Paese concorrente e sulle sue imprese.
Per farlo, potrebbe decidere di vendere in blocco tutti i titoli di Stato di quel paese detenuti dalle banche di cui è azionista.
I tassi d’interesse dei titoli di stato di quel Paese, come conseguenza, si alzerebbero immediatamente, e le imprese di quel Paese si troverebbero a dover pagare il denaro molto più caro, ammesso e non concesso che riescano ad accedere al credito.
In un contesto continentale in cui anche una pacca sulla spalla rischia di essere sanzionata come aiuto di Stato, appare strano che nessuno mai si sia accorto di tale, piuttosto evidente, anomalia.

4) ACQUISTO TITOLI SUL MERCATO PRIMARIO (La Germania lo fa, noi no. Perché? Perché non si può fare!):

Il Sole 24 Ore dice che «ormai si può parlare di prassi»:
nella seconda metà di maggio, un paio di mesi fa, quindi, la Bundesbank ha ripetuto per ben due volte quello che possiamo senza timore di smentite definire come il quarto trucchetto tedesco.
In parole povere: se c’è un’asta di Bund e parte dei titoli non viene comprata sul mercato primario (quello in cui ogni Stato colloca in prima battuta i propri titoli di debito, con accesso riservato a grandi fondi e banche internazionali) la banca centrale tedesca se li compra (o, meglio, li «congela») e li ricolloca successivamente sul mercato secondario.
In questo modo, evita che i tassi si alzino e che i Bund perdano valore.
So cosa vi state chiedendo: perché noi non lo facciamo?
Semplice, perché non si può fare.
L’articolo 101 del Trattato di Maastrich vieta l’acquisto sul mercato primario di titoli di Stato da parte delle banche centrali.
——La Germania lo fa, noi no. Perché? Perché non si può fare:
Testuale: «È vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Bce o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate «banche centrali nazionali»), a istituzioni o organi della Comunità, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Bce o delle banche centrali nazionali».

5) SFORAMENTO DELLE SOGLIE (La Germania viola abusivamente i regolamenti europei, senza ricevere ne sanzioni, ne richiami):

Un ultimo esempio: nel 2011 l’Unione europea ha approvato il «six pack», sei direttive, per l’appunto, volte ad armonizzare gli squilibri tra i diversi Stati membri.
Quattro di queste sei direttive hanno come oggetto le politiche fiscali e sono le famose cose «che ci chiede l’Europa», come ad esempio la riduzione del deficit. Le altre due direttive, invece, riguardano gli squilibri macroeconomici.
Uno dei quali le differenze nei saldi commerciali dei Paesi.
Non sto a farla lunga, che non è questa la sede: vi basti sapere che alcuni Paesi importano più di quanto esportano (ad esempio, la Grecia) e altri invece sono esportatori netti che realizzano ogni anno surplus commerciali piuttosto ingenti (ad esempio, la Germania).
E che tutto questo, se avviene nel contesto del mercato unico europeo, aumenta gli squilibri marcoeconomici tra i due Paesi e mettere a rischio la tenuta complessiva del sistema.
——I tedeschi impongono agli altri le regole che loro non rispettano:
La regola, quindi: nessun Paese europeo può avere un «rosso» commerciale di più del 3% e un surplus di più del 6%.
Indovinate quale Paese ha violato questa regola, negli ultimi cinque anni.
La Germania!
Tutti gli altri, invece, sono i Paesi che non dicono nulla, e che non hanno nemmeno la forza di pretendere il semplice rispetto delle regole allo stesso modo per tutti.

*NOTA (KFW):

E’ in atto una diatriba sul fatto se il credito erogato dalla CDP italiana sia conteggiato o NO nel debito pubblico nazionale, o cmq se la CDP goda o meno degli stessi spazi di manovra della KFW.
Si invitano tutti i lettori a procedere autonomamente a condurre le dovute ricerche al fine di ottenere tutte le informazioni del caso.
Ciò NON preclude cmq la persistenza degli altri trucchi contabili tedeschi.
A seguire segnaliamo alcune tra le spiegazioni su KFW/CDP reperibili sul web:

VALERIO MALVEZZI (economista): “La KFW è una banca pubblica come il nostro Medio Credito Centrale (cioè la CDP): La differenza fondamentale è che la KFW è esentata dai requisiti di capitale e dalle regole dell’unione bancaria, che si chiamano con varie sigle, mentre la CDP NON è esentata. Da maggio 2018 oltre a KFW altre 13 banche tedesche sono state esentate dalla vigilanza sui conti pubblici.” (Cit. Valerio Malvezzi, Fonte: Malvezzi ► “Il loro piano è impedire ItalExit: lo faranno grazie al MES e al CoronaVirus” dal min 9:58).

NINO GALLONI (economista): “La KFW tedesca e la CDP italiana, a causa di una differenza presente nei loro rispettivi statuti che ne definiscono il loro inquadramento, NON funzionano allo stesso modo: La KFW fa degli interventi monetari che alla CDP NON sono consentiti.” (Cit. Nino Galloni, Fonte: Nino Galloni – Cassa Depositi e Prestiti“).

Altre prossimamente…

Scritto da: Articolo realizzato facendo un bricolage di vari articoli indicati nelle fonti (l’articolo base è di Francesco Castellato – Linkiesta).
Fonti:  Art. “I cinque trucchi con cui la Germania bara sui conti” (WebSite Linkiesta).   Art. “A Berlino conti leggeri grazie al veicolo KfW” (WebSite “IlSole24Ore”).  Art. “Contabilità made in germany: lo strano caso della KfW” (WebSite VociDallaGermania”).    Video su youTube PERCHÉ NESSUNO NE PARLA? ECCO COME LA GERMANIA TRUCCA AL RIBASSO IL SUO DEBITO PUBBLICO – Malvezzi

 

 

5) IL DEBITO TEDESCO E’ PEGGIORE DI QUELLO ITALIANO.

PREMESSA [N.d.a.]: Il discorso della sostenibilità del debito qui calcolato, NON vale per i paesi dotati di sovranità monetaria a moneta fiat (vedi “Moneta fiat” nella pag “Definizioni, l’ABC“).

LA VERITÀ NASCOSTA:  UNA RICERCA CONDOTTA DA UN ENTE DI STUDI TEDESCO SVELA CHE IL PAESE EUROPEO PIÙ VIRTUOSO SUL FRONTE DEL DEBITO PUBBLICO È L’ITALIA, MIGLIORE DELLA GERMANIA.

20/12/2012, di Stefano Filippi (Il Giornale).

La ricerca ha un annetto sulle spalle, ma questo paradossalmente rafforza il suo valore. Tanto più che è stata condotta da un ente di studi tedesco, la Stiftung Marktwirtschaft (Fondazione per l’economia di mercato) di Berlino diretta dagli economisti Michael Eilfort e Bernd Raffelhüschen.

Lo studio, sancisce che il Paese europeo più virtuoso sul fronte del debito pubblico è proprio la povera Italia, molto migliore della Germania. E questo valeva secondo i dati del 2010, quando al governo c’era ancora il centrodestra, non l’esecutivo tecnico di Napolitano e Monti.

La fondazione ha stilato una classifica della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche dei 12 stati fondatori dell’euro. Essa considera il debito pubblico comunemente inteso, che i ricercatori tedeschi definiscono «esplicito» (che da noi rappresenta circa il 120 per cento del prodotto interno lordo), assieme a quello «implicito» legato all’invecchiamento della popolazione: in buona sostanza, significa la spesa per pensioni, sanità e assistenza che si prevede di dover pagare in futuro.
E qui viene il bello. Perché l’Italia, anche senza la riforma pensionistica del ministro Fornero e tantomeno le ripetute stangate fiscali degli ultimi 12 mesi, presentava il migliore indice di sostenibilità rispetto al Pil (146%) seguita dalla Germania (192,6). La Francia è a quota 337,5, la Spagna a 548,5, chiude l’Irlanda a 1497,2. I dati tedeschi si spiegano con una previsione di aumento del debito futuro provocato da riforma fiscale, riforma pensionistica espansiva (integrazione degli assegni minimi) e incremento delle prestazioni sanitarie per la terza età. Secondo la fondazione berlinese, nel 2050 Stato e Länder tedeschi spenderanno 1.360 miliardi di euro per pensioni e stipendi dei dipendenti pubblici che va a sommarsi a un debito «esplicito» attuale di circa 1.900 miliardi.

La situazione è molto diversa in Italia. Pur appesantiti dal secondo debito pubblico «esplicito» dopo quello greco, da noi si prevede un aumento molto contenuto della spesa pubblica (pensioni, sanità, assistenza) per gli anziani. «L’Italia – si legge nello studio – non solo precede chiaramente la “locomotiva” Germania ma anche tutti gli altri stati dell’eurozona» perché «può contare, a lungo termine, su uno sviluppo positivo delle finanze pubbliche».

La ricerca della Stiftung Marktwirtschaft fissa nel 146 per cento del Pil (118,4 «esplicito» più 27,6 «implicito») il «vero» debito italiano: il migliore d’Europa. La Germania unisce un 83,2 «esplicito» al 109,4 per cento «implicito». Totale: 192,6 per cento, peggiore del 30 per cento rispetto all’Italia. Al penultimo posto, addirittura peggiore della Grecia, si piazza il virtuosissimo Lussemburgo, Paese modello, che presenta un debito pubblico «esplicito» pari ad appena il 19,1 per cento del Pil: un’inezia. Ma sotto il Granducato sta per esplodere una bomba demografico-previdenziale che fa schizzare il rapporto di sostenibilità a quota 1.115,6.

Se le cose andranno sempre meglio con il passare del tempo, il rovescio della medaglia italiana riguarda il presente. «Vista la bassa crescita, gli avanzi primari basteranno al massimo a stabilizzare il debito pubblico nei prossimi anni, ma resteranno ben lungi dal ridurlo in modo significativo», si legge nel report della fondazione tedesca.
I problemi sono due: l’ammontare del debito «esplicito» e le prospettive della finanza pubblica a breve termine. Che poi sono gli elementi «cui purtroppo guardano i mercati, i quali ragionano in orizzonti molto più brevi, non hanno la pazienza di guardare alle prospettive nell’arco di decenni».
Questa osservazione, fatta – lo ricordiamo – alla fine del 2011 su dati 2010, conferma che i sacrifici imposti dal governo Monti per correggere il cattivo andamento dei conti pubblici sono appunto serviti per tranquillizzare i mercati, non per garantire un futuro migliore all’Italia, lungo il quale il Paese era già incamminato.

Fonte:  LINK ARTICOLO ORIGINALE www.ilgiornale.it/news/interni/debito-tedesco-peggiore-nostro-867155.html.

 

 

6) TEDESCHI SPECIALISTI NEL NON PAGARE I LORO DEBITI: NON LI HANNO PAGATI 3 VOLTE! (da “Il Sole 24 Ore” e “Il Fatto Quotidiano“)

BREVE RIEPILOGO DEI DEBITI TEDESCHI, A CURA DI 2 TESTATE GIORNALISTICHE MAINSTREAM.

IL SOLE 24 ORE:

Nel 1953 si tenne la “Conferenza di Londra” in cui la Germania ottenne il dimezzamento dei suoi debiti di guerra.
La prima della classe Germania è andata in default due volte durante il Novecento (nel 1923 e, di fatto, nel secondo dopoguerra).
In quella conferenza internazionale le sono stati condonati i debiti di due guerre mondiali per darle la possibilità di ripartire.
Tra i Paesi che decisero allora di non esigere il conto c’era l’Italia di De Gasperi, padre fondatore dell’Europa, e anche la povera e malandata Grecia, che pure subì enormi danni durante la seconda guerra mondiale da parte delle truppe tedesche alle sue infrastrutture stradali, portuali e ai suoi impianti produttivi.
L’ammontare del debito di guerra tedesco dopo il 1945 aveva raggiunto i 23 miliardi di dollari (di allora).
Una cifra colossale che era pari al 100% del Pil tedesco.
La Germania non avrebbe mai potuto pagare i debiti accumulati in due guerre.
Guerre da essa stessa provocate.
I sovietici pretesero e ottennero il pagamento dei danni di guerra fino all’ultimo centesimo.
Mentre gli altri Paesi, europei e non, decisero di rinunciare a più di metà della somma dovuta da Berlino.
Il 24 agosto 1953 ventuno Paesi (Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Repubblica francese, Spagna, Stati Uniti d’America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia), con un trattato firmato a Londra, le consentirono di dimezzare il debito del 50%, da 23 a 11,5 miliardi di dollari, dilazionato in 30 anni.
In questo modo, la Germania poté evitare il default, che c’era di fatto.
L’altro 50% avrebbe dovuto essere rimborsato dopo l’eventuale riunificazione delle due Germanie.
Ma nel 1990 l’allora cancelliere Helmut Kohl si oppose alla rinegoziazione dell’accordo che avrebbe procurato un terzo default alla Germania.
Anche questa volta Italia e Grecia acconsentirono di non esigere il dovuto.
Nell’ottobre 2010 la Germania ha finito di rimborsare i debiti imposti dal trattato del 1953 con il pagamento dell’ultimo debito per un importo di 69,9 milioni di euro.
Senza l’accordo di Londra, la Germania avrebbe dovuto rimborsare debiti per altri 50 anni.” Continua….

IL FATTO QUOTIDIANO:

I governi tedeschi, quelli che si ergono a giudici implacabili contro la Grecia e che cercano di destabilizzarla per impedire il referendum popolare, sono specialisti nel non pagare i loro debiti.
Lo hanno già fatto tre volte nel corso dell’ultimo secolo.
– La prima volta dopo la Prima guerra mondiale,
– la seconda nel 1953 e
– la terza nel 1990 dopo la riunificazione.
Vediamo brevemente.
Nel 1923 l’iperinflazione portò alla totale perdita di valore della moneta tedesca, al default e all’interruzione del pagamento del Debito che il governo tedesco stava pagando per le riparazioni di guerra.
Il piano statunitense (Daves), che impose nel 1924 una nuova moneta, previde che i tedeschi avrebbero potuto onorare i loro debiti emettendo un prestito obbligazionario da collocare sul mercato della finanza mondiale per una somma totale di 800 milioni di marchi oro.
Si trattò a tutti gli effetti di un enorme prestito internazionale dato ai tedeschi per permettergli di pagare il debito.
Nel 1928 avvenne però anche una ricontrattazione del debito, con la riduzione delle quote da pagare e un enorme allungamento dei tempi di restituzione a 60 anni! (Piano Young).
Nel 1933, dopo aver vinto le elezioni, i nazisti smisero di pagare i debiti e le riparazioni dovute.
Negli anni successivi cominciarono ad invadere i loro vicini, non dimenticando mai, appena arrivati, di svuotare le casseforti degli altri.
Nel 1953, dopo la Seconda guerra mondiale, la Germania ha nuovamente battuto cassa per non pagare il suo debito.
Il 27 febbraio 1953, la conferenza di Londra, ha infatti deciso l’annullamento di circa i due terzi del debito tedesco (62,6%).
Il debito di prima della guerra è stato ridotto da 22,6 a 7,5 miliardi di marchi e il debito del dopoguerra è stato ridotto da 16,2 a 7 miliardi di marchi.
Oltre al taglio del debito la Germania ottenne anche un forte dilazionamento: oltre 30 anni di tempo per pagare la quota di debito rimanente.
L’accordo è stato firmato dalla repubblica federale tedesca con 22 Paesi, tra cui la Grecia.
La conferenza di Londra aveva però messo una clausola: la parte di debito relativo ai danni provocati dalla guerra veniva posticipato ad un ipotetico periodo futuro nel caso in cui si fosse verificata la riunificazione della Germania.
Nel 1990, quando vi è stata la riunificazione, la Germania non ha tenuto in alcun conto i suoi impegni presi nella conferenza di Londra del 1953 riguardo alle riparazioni di guerra.
Il Cancelliere di allora, Helmut Kohl, si è rifiutato di applicare l’accordo di Londra del 1953 sui debiti esterni della Germania là dove veniva previsto che le le riparazioni destinate a rimborsare i disastri causati durante la seconda guerra mondiale dovevano essere versati alla riunificazione.
Qualche acconto è stato versato ma si tratta di somme minime.
(Del totale rimasero operative solo delle obbligazioni per un valore di 239,4 milioni di marchi tedeschi che furono pagati a rate. Il 3 ottobre 2010 la Germania terminò di rimborsare i debiti imposti dal trattato con il pagamento dell’ultimo debito per un importo di 69,9 milioni di euro [Fonte: Wikipedia]). Continua…

Fonte: Link degli articoli originali

 

 

7) RIFORME HARTZ: QUELLO CHE NESSUNO RACCONTA SULLE RIFORME DEL MERCATO DEL LAVORO TEDESCO.

SI TRATTA DI RIFORME NEOLIBERISTE DI DEFLAZIONE SALARIALE DA ECONOMIA MERCANTILE PRE-OTTOCENTESCA.

Mario Monti: “Noi ammiriamo la Germania e vogliamo imitarla in alcune riforme” (20 gennaio 2013, Fonte).

Beppe Grillo: “Dobbiamo realizzare un piano comparabile con l’Agenda 2010 tedesca. […] Quel che ha dato buoni risultati in Germania lo vogliamo anche noi” (15 marzo 2013, Fonte).

Matteo Renzi: “La pretesa di creare posti di lavoro con una legislazione molto severa e strutturata e’ fallita. Dobbiamo cambiare le regole del gioco. In questo senso abbiamo nella Germania il nostro punto di riferimento” (17 marzo 2014, Fonte).

Tutti dicono che sul mercato del lavoro “dobbiamo fare come la Germania”.
Vediamo allora cosa ha fatto la Germania.
Quello che ha fatto la Germania si chiama Piano Hartz, ovvero un pacchetto di riforme del mercato del lavoro introdotte a partire dal 2003.

Il problema è che si tratta di riforme NeoLiberiste di deflazione salariale che fanno ritornare indietro la civiltà ai tempi dell’economia mercantile pre-ottocentesca.
Quindi si tratta di riforme che sarebbero tutt’altro da seguire.

NON a caso il governo Schroeder per poterle attuare è dovuto ricorrere alla corruzione dei sindacati tedeschi:

In particolare, ciò che le riforme Hartz hanno introdotto in Germania sono stati contratti di impiego a basso salario denominati minijob, molto attrattivi per i datori di lavoro tedeschi perché “non è previsto il pagamento dei contributi sociali.

La retribuzione dei minijobber?
– 400 euro mensili (diventati 450 a partire dal gennaio 2013) per 15 ore settimanali di lavoro.

Pensione prevista (con 45 anni di versamento)?
– 139.95 euro di pensione al mese (calcolato sul MiniJob stipendiato 400 Euro al mese) (Fonte).
– 205,7 euro di pensione al mese  (calcolato sul MiniJob stipendiato 450 Euro al mese)  (Fonte).

Nel 2003 i lavoratori con un minijob erano circa 5,5 milioni mentre a fine 2011 il loro numero era salito ad oltre 7,5 milioni (vedi figura).

Si tratta di cifre che pone i lavoratori tedeschi in una posizione tutt’altro che invidiabile, e che hanno impoverito la classe lavoratrice a favore di quella capitalista.

Le riforme Hartz NON hanno prodotto un aumento della produttività dei lavoratori tedeschi, come erroneamente molti credono, ma hanno soltanto deflazionato i salari.
In soldoni, i lavoratori producevano più di prima ma i loro salari reali scendevano.

Lo conferma di ciò arriva dall’International Labour Office (ILO) nel suo Global Employment Trends 2012 “:

ILO: “L’andamento della produttività all’interno dell’Eurozona è stato piuttosto omogeneo. […] Gli sviluppi della produttività sono rimasti in linea con gli altri paesi dell’Eurozona“.
Il trucco, tutto a danno dei lavoratori tedeschi, sono state “politiche di deflazione salariale che non solo hanno avuto un impatto sui consumi privati […] Ma hanno anche condotto ad un ampliamento delle disuguaglianze reddituali, ad una velocità mai vista prima, nemmeno dopo la riunificazione, quando molti milioni di persone della Germania Est persero il loro lavoro”. Vedi grafico:

E, persino la Commissione Europea nel 2012 si è accorta del problema.
Il Commissario Europeo agli Affari Sociali, Laszlo Andor, intervistato dal giornale tedesco Faz.net ha infatti dichiarato:

LASZLO ANDOR: ” il mercato del lavoro in Germania è sempre più segmentato.
Un gran numero di occupati ha solo un Minijob.
I minijobber rischiano di restare in questa situazione e di cadere nella trappola della povertà. […]
La Germania negli ultimi 10 anni ha esercitato una enorme moderazione salariale per poter diventare più competitiva – e questo ha avuto conseguenze per gli altri Stati EU. […]
Gli squilibri nell’Eurozona non sono solo il risultato di politiche sbagliate nei paesi in crisi.
La Germania ha avuto un ruolo importante, con la sua politica mercantilista ha rafforzato gli squilibri in Europa e causato la crisi.
In futuro dovremo seguire da vicino lo sviluppo dei salari a livello europeo e fare in modo che all’interno dell’area monetaria non divergano in maniera così forte, come è accaduto negli anni precedenti” (Fonte).

Meglio tardi che mai dirà qualcuno, peccato che adesso tutti ripetano che anche i Paesi del sud Europa dovrebbero fare come la Germania.

Questo quadro, tutt’altro che roseo, dovrebbe farci capire una cosa: “Quando si parla di Germania, dobbiamo tenere a mente che in Germania ci sono le grandi multinazionali mercantiliste e i lavoratori.
E che l’Euro ha beneficiato sicuramente i primi e danneggiato enormemente gli ultimi”.

La politica economica e commerciale tedesca di tipo mercantilistico (esportare il più possibile e ridurre le importazioni per mantenere un saldo estero positivo: “essere competitivi” come si dice spesso sui media) ha dapprima condotto a una forte riduzione dei salari dei lavoratori tedeschi, che sono fortemente scesi in termini reali a partire soprattutto dal 2003.

CONCLUSIONE:

Qual è in altre parole il concetto di fondo:
deprimere i consumi interni per favorire una politica di stampo mercantilistico che punta tutto su un saldo commerciale ed estero attivo.
Ovviamente se i salari non crescono in linea con ciò che si produce (lo abbiamo visto prima: la produttività aumenta ma i salari non seguono lo stesso andamento), anche i consumi interni stenteranno a crescere. Infatti, non stupisce che la Germania dall’ingresso nell’Euro e fino allo scoppio della crisi americana nel 2007 sia stata il paese che è cresciuto meno in Europa (dietro solo all’Italia). Non ci credete?! Ecco i dati tratti dal Fondo Monetario Internazionale (World Economic Outlook Database, aprile 2013):

Insomma più che di “Locomotiva Tedesca” si dovrebbe parlare di “Ciaetto Teutonico”.

Scritto da: Cristian Minerva (autore del collage dai vari articoli)

Fonti:   Art The dark side of the moon. Quello che nessuno racconta sulle riforme del mercato del lavoro tedesco pubblicato sul sito ME-MMT.    Art. intitolato “Il Paese dei bassi stipendi“, e art. Flassbeck: Berlino fa finta di non capire, e art Un po’ piu’ uguale degli altri? pubblicati sul sito “Voci dalla Germania”.

 

 

Nota Bene: Tutti gli articoli presenti all’interno del sito “CRISTIAN MINERVA”, sono stati elaborati sulla base di pubbliche informazioni comunemente reperibili sul web (e dunque considerate di pubblico dominio), e sono stati scritti avvalendosi di tutte le fonti a loro volta citate. 

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Cristian Minerva

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